I PELI URTICANTI: LE PROCESSIONARIE

di Lorenzo Lazzeri

Dopo l’articolo sui rischi connessi alle zecche, non poteva mancare un approfondimento su quest’altre creaturine pelosette, le processionarie, anch’esse una minaccia per noi e per i nostri animali domestici. Proprio in questo periodo, è possibile osservare i bruchi di questi lepidotteri procedere sul terreno in lunghi cordoni uno dietro l’altro (da qui il nome).

Ognuno di noi avrà probabilmente un amico che da ragazzino era un furfante ed un teppistello e che adesso è diventato tanto una persona seria e corretta, ecco questa è anche un po’ la storia delle processionarie, tanto innocue ed inoffensive da adulte (farfalla notturna), quanto delle temibili terroriste da “piccole” (stadio larva, bruco).
Quello che rende veramente pericolosi questi bruchi sono i loro peli uncinati, non importa infatti toccare direttamente il bruco per avere problemi, i peli possono infatti facilmente staccarsi e disperdersi col vento. L’azione è di tipo urticante per rilascio di una sostanza tossica, la taumetopoeina.
I sintomi possono essere svariati in base alla zona del corpo colpita: da eruzioni cutanee dolorose e pruriginose, ad infiammazioni degli occhi (anche congiuntivite), della gola e delle vie aeree, con eccessiva salivazione, e talvolta vomito; nei casi più severi si può arrivare allo shock anafilattico.
Le conseguenze possono essere gravissime per i nostri cani (ma anche gatti e cavalli), i quali incuriositi da questi bruchi, con grande facilità possono venirne a contatto. I sintomi sono immediati: aumento della salivazione, infiammazione della bocca, vomito, gonfiore della lingua, che può talvolta ingrossare talmente tanto da soffocare l’animale, e necrosi dei suoi tessuti con conseguente possibile perdita di porzioni di questa. Le conseguenze possono essere anche fatali per l’animale.
Come intervenire:
immediatamente dopo il contatto con la processionaria, provvedere a sciacquare abbondantemente e tempestivamente con semplice acqua fresca la parte colpita (utilizzare sempre dei guanti in lattice o una protezione per le nostre mani), se disponibile usare una soluzione di acqua e bicarbonato di sodio con la quale lavare ripetutamente la lingua o la parte colpita utilizzando una siringa senza ago; il bicarbonato infatti ha un buon potere tampone per contrastare l’acidità della tossina. Può essere utile avere a portata di mano del cortisone iniettabile (lo stesso che si dovrebbe avere in caso di punture di imenotteri o morso di vipera); dirigersi al più presto dal veterinario.
Ma vediamo meglio chi sono questi lepidotteri e quale è il loro ciclo vitale:
le processionarie più comuni sono quelle della quercia (Thaumetopoea processionea) e quella del pino (Thaumetopoea pityocampa), quest’ultima è quella più conosciuta, si ritrova soprattutto come parassita su praticamente tutte le specie di pino, ma non solo, anche su altre conifere come i cedri.
Intorno al mese di luglio la femmina della processionaria (stadio adulto farfalla notturna) deposita circa 300 uova intorno ad un ago di pino, in particolare alla sua base. Le larve nascono dopo circa 40 giorni ed iniziano a rosicchiare gli aghi, comportando una defogliazione importante con danno notevole a carico delle piante ospiti.
Ad inizio autunno le larve formano un nido sericeo di colore bianco-argenteo, facilmente visibile anche da una certa distanza sui pini, di solito posizionato in zona apicale e soleggiata. Questo nido serve a proteggere le larve dal rigore invernale.
Nel mese di marzo-aprile quando le temperature si fanno più calde, le larve abbandonano il nido e scendono a terra, marciando in lunghe file indiane, per poi interrarsi a circa 15 cm di profondità trasformandosi in crisalidi. Dopo un tempo variabile da poche settimane fino a qualche anno, dalle crisalidi sfarfallano delle falene ( farfalle notturne); la vita di queste è molto effimera, circa 48 ore, giusto il tempo per riprodursi e deporre le uova per dare inizio ad un nuovo ciclo.
In Italia dal 1998 la lotta a questo insetto è obbligatoria (Decreto Ministeriale 17-04-1998).
Questo lepidottero può essere combattuto utilizzando diversi metodi: dalla lotta con insetticidi da dare sulle larve (non al nido), a quella meccanica con uso di colla entomologica, biologica (Bacillus thuringiensis kurstaki), trappole a ferormoni, fino al classico colpo di fucile (da fare in periodo tardo autunnale, in quanto i fori provocati dai pallini servono solamente a far entrare il freddo all’interno del nido).

 

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Pubblicato da Selvatica su Mercoledì 27 marzo 2019

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